Annamaria

Questa mattina ho sognato Annamaria, La Spadoni, come la chiamiamo noi che abbiamo avuto la fortuna di essere suoi alunni.

Voglio trascrivere il contenuto del sogno qui di seguito, prima di dimenticarlo. Spero che mi perdonerete lo stile asciutto e il lessico poco ricercato ma voglio fissare i ricordi sfuggenti di un sogno che m’ha regalato un risveglio piacevole.

Nel sogno decido di andare a salutare la professoressa in uno dei primi giorni dopo la riapertura delle scuole alla fine delle vacanze estive: quei giorni dove ancora le lezioni sono da organizzare, e dove una breve interruzione non crea troppo disturbo.

Dopo aver girato per qualche corridoio, trovo finalmente la porta con affisso il foglio con la scritta “III C” e subito entro. In classe ci sono tanti ragazzi ma nessun insegnante. Mi guardo attorno e vedo appeso ad una parete quello che sembra essere un piano delle presenze dei professori in ciascuna aula, ma quando mi avvicino per guardarlo bene realizzo che non contiene le informazioni che sto cercando per sapere dov’è la “mia” professoressa.

Mi volto verso la cattedra e finalmente vedo un’insegnante seduta al suo posto. E’ molto giovane, “Chissà se la conosce?”, mi chiedo. Mi presento immediatamente e le chiedo se per caso sapesse dove avrei potuto trovare “La Spadoni” e lei mi risponde che non lo sa di preciso, ma che ultimamente hanno aperto delle classi ai piani inferiori (cosa che mi ha colpito, visto che mi trovavo al piano terra) ma mi dice che non è sicura che la professoressa sia ancora rientrata.

Un po’ sconfortato la ringrazio, la saluto ed esco dall’aula, tornando nell’androne dell’edificio scolastico e mentre penso a cosa avrei potuto fare di quella mattinata che pensavo di dedicare a rivedere una persona importante per la mia vita mi siedo su un gradino e mi allaccio una scarpa.

Alle mie spalle qualcuno proietta un’ombra su di me, mi volto ed è Annamaria! Mi alzo subito per salutarla, pieno di gioia e di sorpresa e lei prima mi sorride e poi guardando ed indicando verso l’ingresso dell’androne al quale dopo essermi voltato davo le spalle, pronuncia una frase che purtroppo non ricordo ma che suona come “Troppi galli a cantare non si fa mai giorno” con un’accezione positiva, umile. Quello che la frase voleva comunicare, e che nel sogno ho compreso un attimo dopo, era che la professoressa non pensava di meritare tutte quelle attenzioni e infatti seguendo con lo sguardo il suo dito scherzosamente accusatorio mi volto ancora verso l’ingresso della scuola e vedo i miei compagni di classe. Ci sono tutti: vedo per prima Agnese, poi Margherita, Teresa, Alberto, Emanuele, Francesca…tutti e oltre ad esserne felicissimo, sono colpito dal fatto che abbiano tutti esattamente l’aspetto che avevano quando eravamo compagni di classe, suoi alunni.


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