Quando l’ho saputo mi sono commosso. In parte perché egoisticamente so che mi mancherà, ma soprattutto perché penso che sia una fortuna che capita a pochi e sono contento che fra quei pochi ci sia lei.
Sophie, la sorella di mio nonno, presto morirà. Non è malata (non più di quanto non lo siano parecchie persone di venti o trent’anni più giovani di lei) né infelice. E’ solo stanca, di quella stanchezza sana e serena che ti porta a mollare la presa da qualcosa che ormai senti di non vivere più con passione.
Quindici giorni fa ha deciso che ne ha abbastanza di cibo e medicine e da allora beve solamente. Nel frattempo chiacchiera coi figli, i nipoti ed i pronipoti, dà qualche direttiva, qualche consiglio, qualche carezza.
Ad uno dei figli che stava al telefono per avvisare i familiari ha rimproverato “Ma devi dirlo proprio a tutti?!?”.
Probabilmente a lui e a molti di noi in effetti sembra un evento strano e per molti versi difficile da accettare, ma per chi ha trascorso la propria vita in maniera totale, potendo amare, odiare, ridere, piangere, fantasticare, realizzare, per chi insomma ha davvero VISSUTO, spegnersi alla soglia dei 103 anni è probabilmente nella natura delle cose, la conseguenza più ovvia di un secolo di vita.
Mi mancherà, come mi manca terribilmente mio nonno e seppure non ho molta fiducia sull’esistenza di un aldilà, mi piacerebbe davvero potermi riavvicinare a loro quando toccherà a me.
Nel frattempo conservo i ricordi di uno (molti dei quali mi hanno plasmato e fanno ormai parte di me) e la serena dignità dell’altra, che ormai stanca vuole addormentarsi per sempre.
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