Una cena fra amici. E' strano definirla così quando molti di loro li hai visti due o tre volte al massimo, eppure è quello che ho sentito fin dall'inizio. L'ansia nel prepararla, ansia condivisa con l'ironia rara ed irresistibile di Ivan, la dolcezza di Teresa, la cui presenza potrebbe farmi sentire felice persino all'inferno, il sorriso contagioso e la voce energica di Giuseppe, che strenuamente s'è difeso con onore nel giocare a risiko, attaccato da Enrico, che quando parla lo fa dicendo la cosa migliore che si possa dire in quell'istante, Adriano, che ogni volta che lo rivedo mi risulta più simpatico della precedente, Raffa, che attinge con vigore alle sue origini calabresi, sfoggiando un accento che neanche un purosangue potrebbe tirar fuori con la stessa disinvoltura. Poi Flavio, che arriva per primo e per fortuna se ne va per ultimo.
Ci si conosce, si mangia, si scherza, si gioca (e anche così ci si conosce). Si ascolta musica, si "poga" in due, fra il pianoforte e la sedia, si riprende Ivan mentre tenta invano di spiegarci le regole del Risiko. Ci si ritaglia un angolo, si confabula, la mente vaga altrove, percepisce altro, la partita non è importante. E' importante l'atmosfera ed è importante quello che sto provando. Le sento arrivare, ogni tanto, le lacrime, ma non escono. Usciranno l'indomani, nel pomeriggio, con uno sfogo che aspettavo da anni. E escono ancora adesso, mentre scrivo, ma solo per inumidire gli occhi e non farmi dimenticare di quanto possa essere bello piangere e tornare a vivere delle emozioni.
Pensare di nuovo a programmare un uscita di gruppo, sentire di nuovo i sentimenti più belli riaffacciarsi, notare che la voglia di viverli è più grande della paura di perderli ancora una volta; questo è il regalo che ho ricevuto fra venerdì e sabato e non è poco.
Si ricomincia, forse mi farò ancora male, ma almeno adesso ho voglia di provare, e lo devo soprattutto alle splendide persone che ho la fortuna di avere vicino.
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